Era tornata a sfavillare come nel parco. Proprio come fanno le stelle durante la notte. Fulgide e splendenti...
giovedì 26 aprile 2012
1° capitolo
Guardò l’orologio che portava al polso: erano le 19.23. Quella sera era in ritardo
per la sua solita corsa. Si piegò su sé stesso e si allacciò le scarpe. Senza
pensarci fece il doppio nodo.
Ormai era diventata un’abitudine: odiava doversi fermare, mentre stava correndo.
Osservò il cielo.
Il sole stava tramontando, ma la sua luce illuminava, anche se debolmente,
l’intero parco. Constatò come fosse ancora affollato a quell’ora. La giornata
era stata molto calda, quindi era naturale scegliere quell’orario per chi, come
lui, voleva fare un po’ di esercizio.
Da quando aveva preso quell’abitudine, da diversi mesi ormai, la sera si addormentava
piú facilmente, e il giorno seguente si sentiva piú rilassato e predisposto
ad affrontare al meglio una nuova, intensa giornata lavorativa.
Prese un bel respiro e iniziò a correre.
Durante quei mesi aveva stretto molte amicizie, soprattutto con donne,
ognuna con la propria storia e la propria bellezza; ma nessuna era riuscita a
entrare nella sua vita e a rimanerci.
Teneva sempre alto il muro tra i suoi sentimenti e le donne.
Aveva sofferto una volta nella sua vita e non voleva che gli capitasse di nuovo.
Non ne valeva la pena!
Lo ripeteva sempre, ai suoi amici.
Quel giorno però aveva preferito correre da solo. Solo con i suoi pensieri.
Era preoccupato: convocato prima di pranzo a una riunione con gli alti vertici
della sua società, gli era stato comunicato che lui, come responsabile dell’ufficio risorse umane,
doveva occuparsi di scegliere chi, tra i vari dipendenti,
poteva essere licenziato.
La società stava affrontando un momento di crisi e per risollevare le proprie
sorti finanziarie, anche se marginalmente, erano necessarie alcune risoluzioni
di contratto.
Aveva sempre saputo che, prima o poi, sarebbe potuto accadere. Ma ora che
davanti a lui c’erano le schede di valutazione di tutti i dipendenti, sentiva un
enorme peso gravargli sul petto.
Grazie al suo carattere gioviale, amichevole e sincero, qualità rara che in
molti gli avevano attribuito, si era conquistato la fiducia e la stima di tutti i
colleghi. Per questo era molto difficile, ma soprattutto molto penoso, scegliere
qualcuno: molti di loro erano amici, prima d’essere colleghi.
Conosceva i loro pregi e difetti e, piú d’ogni altra cosa, le loro necessità personali.
Ma doveva farlo, non c’era altra scelta.
«Ciao!»
Una voce femminile lo riportò improvvisamente alla realtà. Era Carla, una
delle tante donne che aveva conosciuto nel parco, quell’estate.
Preso da tanti pensieri non si era accorto che lei lo aveva affiancato già da un
po’ e che stava correndo insieme a lui.
«Ciao tesoro, come va?»
«Bene caro, e tu?»
«La solita vita.»
«Come mai non mi hai piú chiamato?»
Eccola lí: la domanda che piú temeva!
Perché? Perché le donne cercano sempre spiegazioni per qualsiasi cosa? Se
l’era chiesto molte volte, senza mai trovare una risposta. Lo infastidiva sentirsi
in obbligo di giustifcarsi quando non ne sentiva la necessità e, soprattutto,
non ce n’era motivo!
«Ho avuto molto da fare ultimamente!»
Lei corse leggermente piú veloce di lui e gli si parò davanti.
«Pensi che io sia stupida?»
«Non ho detto questo e non l’ho neppure pensato!»
Si spostò leggermente e riprese a correre. Non aveva voglia di litigare, soprattutto
non quella sera! Aveva già fin troppi problemi.
Ecco perché non aveva mai voluto accanto a sé una donna: troppi problemi,
troppe spiegazioni! A volte gli mancava l’affetto costante che una reazione
stabile poteva dargli, ma questo era il prezzo da pagare per la sua sete di libertà!
«Allora perché non mi dici la verità?»
«Che verità?» le chiese seccato.
«Che non mi hai piú chiamato perché non te ne frega nulla di me…»
«Perché non è cosí!»
«Sí che lo è!»
«Allora se lo sai perché me lo chiedi?» le disse fermandosi di scatto.
«Perché voglio che tu abbia il coraggio di dirmelo in faccia.»
«Di dirti cosa?»
«Che per te quella sera non ha significato nulla…»
Ne aveva abbastanza delle accuse di Carla; inoltre, non sopportava vedere
una donna piangere per lui.
«La verità è che sono stato molto impegnato. Forse è vero: avrei potuto chiamarti
per dirtelo, ma non l’ho fatto! Sinceramente non pensavo che fosse necessario,
visto che siamo usciti una sola volta! Ma visto che mi chiedi d’essere
sincero ti dico questo: ti trovavo una donna molto interessante e mi sarebbe
piaciuto molto uscire ancora con te, quando sarei riuscito a liberarmi di alcuni
affari che mi tengono occupato. Ma, vista la reazione esagerata che hai
avuto, mi è passato tutto l’interesse. Ora scusami…» e tornò a correre lasciandola
cosí, sola sul ciglio della strada a piangere.
«Non farti piú vedere!» la sentí urlare dietro alle proprie spalle.
«Puoi contarci, tesoro!» pensò lui.
Non gli piacevano le donne che non sapevano gestire le proprie emozioni.
Potevano tranquillamente parlarne a cena fuori, una sera davanti a un bicchiere
di vino rosso, ma lei no! aveva già deciso di condannarlo: colpevole di
averla trascurata dopo una sola serata trascorsa insieme.
Mentre rifletteva su ciò che gli era appena successo, vide una giovane ragazza
che correva nella sua direzione. Indossava un candido completino bianco,
con delicati bordini rossi; una lunga coda bionda accompagnava morbidamente
ogni suo movimento.
Era molto carina.
«Be’» si disse «vecchio mio bisogna rimettersi subito in gioco… Carla, ormai,
è un capitolo chiuso!»
Riprese a correre augurandosi di non incrociarla piú. Almeno per quella sera!
Completato il terzo giro si rese conto che ormai era quasi buio. Riusciva a
malapena a distinguere il sentiero che lo portava verso l’uscita.
S’incamminò verso di questa, facendo un po’ di stiramenti per non svegliarsi
tutto indolenzito l’indomani. All’improvviso avvertí la sensazione di essere
osservato.
Si voltò convinto che fosse Carla a fissarlo, seduta da qualche parte, che lo
attendeva per chiarire ulteriormente il concetto di sparire dalla sua vita.
Come se non fosse stata già sufficientemente chiara!
Ma, con immenso stupore, si accorse che invece era un’altra ragazza, seduta
su una panchina poco lontana da lui. Non l’aveva mai vista prima.
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